venerdì 4 settembre 2015

E poi Leo è nato! (seconda parte)

Finalmente noi tre! Pochi minuti dopo il parto

Lo vedo solo con la coda dell'occhio. Lo sento piangere immediatamente. Irene scoppia a ridere, io in un pianto che non riesco a trattenere. Pianto di gioia, ma anche liberatorio. Abbraccio Irene e continuo a riperetere "è nato, è nato, amore è nato e sta bene". E piango ancora, come se non ci fosse un domani. 

Il pediatra lo prende dalle mani dell'ostetrica e lo porta in un'altra stanza per due, tre minuti. Poi torna e lo dà alla sua mamma. Per la prima volta vedo nostro figlio Leo: è l'immagine più bella del mondo, di un'intensità che mi toglie tutte le energie. 

Leo è tranquillo, non piange, si guarda intorno. Lui non sa ancora quanto lo abbiamo voluto, quante persone lo stiano già aspettando. Quanto il mondo sarà migliore grazie a lui, se solo lui lo vorrà. Sono momenti che avrei voluto riprendere, o forse no. Per rivederli, o forse no, perché rimangano solo nella nostra memoria, unici, irripetibili. Anche perché, se fisso una parete bianca, li vedo proiettati, attimo per attimo. 

Poi Irene decide che va tutto troppo bene e dunque vale la pena regalarci un po' di thrilling. Ha una piccola emorragia, niente di eccessivo, ma è molto vicina a perdere i sensi. Mi danno Leo in braccio, nel suo fagotto, tranquillo, sereno. È la prima volta. Mi sento nel posto più alto del mondo e guardo tutto e tutti da lassù. 

I medici iniziano ad armeggiare su Irene. Sento che qualcosa non va e inizio ad avere paura. Paura e gioia. Leo mi tranquillizza. Ostetrica e ginecologa continuano a controllare la sacca che raccoglie il sangue. Da lontano, dall'altro lato della stanza, parlo con Irene: "Amore non addormentarti, stai con noi, guarda Leo...". Lei risponde con dei suoni. No, non va bene. La paura aumenta. Poi, dopo 20 minuti, lentamente riprende conoscenza, l'emorragia si ferma e può riabbracciare Leo. Che, appena sente il seno, si attacca e, come se lo facesse da una vita, mangia. Ci abbracciamo tutti e tre e tutto intorno diventa il luogo più bello del mondo.

Ci accompagnano in stanza. I nonni di Verona (con le zie) ci stanno già aspettando, quelli siciliani (con la zia) sono pronti per prendere l'aereo. Arrivano Andrea e Veronica che portano etti ed etti di soppressa in smacco alla toxo che ora appare inoffensiva. Portano un quotidiano, la Repubblica, perché Leo un giorno possa leggere cosa accadeva in questo giorno speciale. E poi non ricordo altro. 

Leo a poche ore dal parto è già bellissimo. Stupendo. Tranquillo. Sereno. Apre gli occhi, si addormenta, mangia. Sono pazzo di gioia. Riesco solo a capire questo. È piccolo e grande, è forte e delicatissimo. Sembra nato da qualche giorno, ha un colorito bellissimo. Irene, invece, non ha più alcuna forza. Ha perso molto sangue, continua a tentare di svenire. 

In quel momento vorrei abbracciare e baciare l'ostetrica, il personale sanitario, tutti quelli che mi hanno dato tra le braccia mio figlio. So anche che se qualcosa fosse andato storto sarebbe stata "solo colpa loro, incompetenti, vi rovino ecc.". Siamo così, viviamo di incoerenza. 

Scrivere e rivivere quei momenti mi ha tolto le energie. Mi rendo conto che è davvero troppo, troppo grande quello che è accaduto. Oggi, 15 giugno 2015, dalle 18.45 è iniziata una nuova vita. Quella di Leo e la nostra, che per Leo viviamo. È iniziata la storia più bella mai scritta, ancora tutta da scrivere. Sarà un romanzo sociale, condiviso. Io farò di tutto perché il suo mondo sia il migliore possibile, perché la sua storia sia la più bella. Non so se ci riuscirò, ma ci proverò in ogni gesto, in ogni attimo, in ogni sospiro.

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