mercoledì 19 agosto 2015

"Abbiamo l'erede!"

Il primo berrettino di Leo. Azzurro.
"Sapete già se è maschio o femmina?". 
"No".
"Volete saperlo, eventualmente?". 
"Certo, basta vestitini gialli dottoressa". 
"Be', sembra che abbiamo l'erede...". 

Il 27 dicembre siamo al pronto soccorso ostetrico dell'ospedale Borgo Trento di Verona per un controllo di routine. La specializzanda azzarda il verdetto ma non scommette un caffè: "Per un momento mi è sembrato di vederlo, ma si è subito girato". Avrà ragione lei. Sarà Leo. Non Calliope/Penelope/Chloè. Sarà Leo, ma ha rischiato di essere Radja. Invece sarà Leoebasta. Perché Leo? Per due ragioni: 

- il papà ha due cognomi e non corti. Con un nome lungo avrebbe iniziato a scriverlo in prima elementare e finito in terza media. E poi in fondo la penso come il fine pedagogista Troisi

- Leo perché papà e mamma amano l'arte e la scienza, incarnate e fuse insieme da un genio italiano come Leonardo. Questa è la motivazione alta da spacciare ad un determinato target di conoscenti. La verità è che papà ama profondamente Leo (Lionel) Messi

La nostra reazione, in attesa della conferma, è stata davvero "normale". Per entrambi, che fosse maschio o femmina, importava zero. Nessuna, nessuna preferenza. Volevamo lui o lei, profondamente. 

Un attimo dopo la conferma della morfologica, come era avvenuto per il bicarbonato, a Verona si esauriscono in poche ore le scorte di abbigliamento per bambino di colore azzurro. Irene è tassativa: "Solo cose azzurre... non colori neutri". Chiunque continua a regalarci oggetti di colore neutro viene dichiarato nemico della nazione e mandato in esilio insieme a Romeo, fuori dalle mura di Verona. 

Ed è così, dunque, che inizia un altro pezzo di questo tragitto. Con la consapevolezza che nascerà un maschietto. Che si chiamerà Leo, che avrà due cognomi, che vestirà di azzurro ma soprattutto che sarà accolto da un amore che mai nessuno riuscirà a descrivere perfettamente. Mai nessuno che non sia un genitore.

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